Bianchi e nativi, la terra contesa
di Serena Dalla Torre
Una foresta rigogliosa, tagliata da un fiume le cui acque scorrono lente; la telecamera scende fino ad incrociare la barca di una comitiva di turisti, alla ricerca di uccelli rari da fotografare; sulla riva, silenziosamente minaccioso, un gruppo di indios osserva. Ma non tutto è come appare.
Comincia così La terra degli uomini rossi ‘ Birdwatchers, il film con cui Marco Bechis racconta al mondo la storia dei Guarani Kaiowà, un popolo che vive nello stato del Mato Grosso do Sul del Brasile, in riserve appositamente create dopo che la foresta, che rappresentava la loro vita, è stata distrutta per far posto alle immense piantagioni dei fazendeiro bianchi.
Come ha dichiarato il regista, la storia è nata dall’incontro diretto e dalla conoscenza di una tribù Guarani, non c’è stato nulla da inventare, si trattava solo di costruire un film che non fosse un documentario.
Impresa non facile, ma riuscita grazie ad un cast formato quasi completamente da indios, e ad un intreccio basato sulla contrapposizione di due mondi che si fronteggiano e si osservano, fino ad arrivare ad un drammatico scontro.
Ci avviciniamo così ad un popolo che ha perso la propria terra, ma non le proprie radici, che combatte per mantenere i legami con le proprie tradizioni e per vedere rispettati i propri diritti, ma che contemporaneamente deve fare i conti con una contaminazione sempre più inevitabile e una condizione di povertà senza uscita, che trascinano molti giovani alla disperazione e all’estremo gesto del suicidio.
È proprio l’ennesima morte a smuovere un gruppo di indios, che decidono, capeggiati da Nadio e guidati da un vecchio sciamano, di accamparsi vicino alle piantagioni, per cercare di rientrare nelle proprie terre.
Si apre una silenziosa guerra di posizione tra la tribù e il proprietario terriero, che invia sul confine uno “spaventapasseri” interpretato da Claudio Santamaria (con la fazendeira Chiara Caselli è l’unica presenza italiana nel cast).
Le incursioni degli indios si fanno sempre più audaci, mentre la mancanza di cibo spinge alcuni di loro ad accettare il compromesso di lavorare a giornata in altre piantagioni, fino all’invasione e allo scontro duro e diretto tra il fazendeiro e Nadio, in cui entrambi rivendicano il loro diritto alla terra.
Vengono a delinearsi le storie degli indios, tra cui spicca senz’altro Nadio, accanto a forti figure di donna, ma anche all’apprendista sciamano Osvaldo e al giovane Ireneu.
Se la non conoscenza genera paura, la curiosità dell’altro scivola sotterranea lungo tutta la trama e trova espressione soprattutto nei protagonisti più giovani, senza arrivare però mai ad un vero incontro se non nella colonna sonora, in cui tornano le composizioni settecentesche del missionario italiano Domenico Zipoli, cantate da indios.
La speranza rimane in un finale aperto e nella certezza di essere arrivati al cuore dello spettatore.