Pranzo di ferragosto

Indovina chi viene a pranzo

di Serena Dalla Torre

 

Pranzo di ferragosto è il primo film diretto da Gianni di Gregorio, una vita nel mondo del cinema soprattutto nel ruolo di sceneggiatore e aiuto regista, ultimamente al fianco di Matteo Garrone (è tra gli sceneggiatori di Gomorra, che rappresenterà l’Italia nella corsa ai prossimi premi Oscar).

Proprio grazie alla produzione di Garrone è arrivata alla mostra di Venezia questa piccola perla cinematografica; presentato nell’ambito della 23ª edizione della Settimana della Critica, il film ha riscosso un immediato successo di pubblico, reclamando proiezioni aggiuntive rispetto al programma, trasformando in dive da Red Carpet le arzille vecchiette protagoniste, nessuna attrice professionista, e portandosi via tra l’altro il Leone del Futuro ‘ Premio Luigi De Laurentiis come miglior opera prima.

Roma a ferragosto. Una città assolata e quasi deserta. Tra i vicoli di Trastevere e un antico appartamento che si affaccia sui tetti del centro, si svolge la monotona vita di Gianni, interpretato dallo stesso regista, sessantenne disoccupato il cui “lavoro” è quello di accudire la madre novantenne, rimasta la vera padrona di casa, tra una commissione, la cura della casa e la frequente consolazione di un bicchiere di vino.

A movimentare l’estate arriva la visita dell’amministratore, che gli ricorda i numerosi debiti e gli propone un’insolita soluzione: pagherà lui il dovuto se Gianni ospiterà l’anziana madre per il ferragosto. Nonostante l’iniziale reticenza, è chiaro che la proposta conviene ad entrambi ed il patto è presto fatto.

Ma le cose si complicano quando l’amministratore consegna pure una zia e un amico medico chiede ospitalità per la madre, in cambio di un check-up gratuito dopo le feste.

Gianni si ritrova così a gestire un insolito e improvvisato ospizio finché, dopo un’iniziale diffidenza reciproca, le quattro signore, ognuna con il suo carattere, i suoi acciacchi, le sue manie, non prenderanno in mano il timone della situazione, trasformando un ferragosto di abbandono in un’occasione di festa, che forse non finirà.

Girato nella casa del regista, con rari esterni in una Roma decadente e sconosciuta, il film si snoda leggero tra battute divertenti e pennellate che dipingono i protagonisti con indovinati tocchi; le personalità delle conviventi prendono a poco a poco il sopravvento, mettendo a dura prova Gianni.

Di Gregorio afferma di aver imparato da Garrone che «il cinema è uno sguardo. E quindi registra, ruba, coglie certi aspetti del reale che sono poi quelli più profondi. Piuttosto che arrivare con una costruzione, anche quella della sceneggiatura, è meglio vivere il film più come un flusso vitale che è dato dal rapporto con le persone». Stando al racconto del regista, la storia si è così scritta quasi da sola, nell’incontro delle quattro protagoniste che hanno saputo mettere in gioco se stesse in una storia piccola, ma vera.

 


 

Il dito nell’obiettivo

In un mondo che esalta la bellezza e la perfezione senza età, il dinamismo e l’efficienza a tutti i costi, Pranzo di ferragosto mette in primo piano gli aspetti quotidiani di un’esistenza che si avvia inesorabilmente al tramonto: senza trucco e senza inganno, le protagoniste si raccontano con una battuta, un gesto, uno sguardo. Non si lasciano sconfiggere dalle rughe, dalle medicine che scandiscono i giorni, dai ricordi che riempiono il cuore di ombre. Ma non sono nemmeno dolci e sagge come le vecchiette delle fiabe: sono anche orgogliose, testarde nelle loro piccole manie, difficili da sopportare. Assomigliano in fondo a tanti “nonni” che spesso dimentichiamo. Il figlio opportunista le cura per interesse, ma c’è un fondo di affetto e di attenzione per l’altro in quel pranzo preparato con cura, tutti insieme, per scalfire almeno un giorno il peso della solitudine. Le risate diventano sorrisi e all’uscita dalla sala rimane dentro una tenerezza lieve: la voglia di vivere non ha età.