L’ultimo varietà
Grande fratello contro X Factor: anche quest’anno la battaglia degli ascolti si gioca sui Reality; ne abbiamo parlato con il prof. Andrea Bellavita, docente di Teoria e tecnica del sistema radiotelevisivo presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università degli Studi di Trento.
Si può parlare di cultura del Reality?
Direi proprio di sì. Il Reality e tutte le declinazioni del Factual Entertainment, cioè qualsiasi prodotto che si rifà ad una realtà fattuale e quindi non è fiction, ha riempito nel nostro panorama mediale l’attenzione che storicamente il popolo italiano ha sempre avuto per il varietà, dando risposta ad un grande bisogno di intrattenimento, di divertimento e di forte emozione.
Che rapporto c’è tra la cultura globale dell’immagine proposta dai reality e il sottolineare l’identità locale dei protagonisti?
I Reality sono adattamenti da format stranieri, la cui forza sta proprio nel recupero della dimensione locale. L’Italia è uno dei paesi in cui il fenomeno ‘glocal’, l’accostamento della componente globale a quella locale, è più forte, anche se in molti casi la localizzazione è semplificata e diventa macchietta regionale, come nel caso del Grande fratello di quest’anno.
X Factor è un programma che lavora molto sull’arrangiamento, cioè sulla deviazione dal luogo comune.
I concorrenti, dopo la fase iniziale di Casting in cui presentano solo se stessi, per il semplice fatto di partecipare alla gara entrano in un gioco totalmente televisivo di costruzione del personaggio all’interno della macchina del marketing mediale e musicale.
Nel caso ad esempio dei Bastard Sons of Dioniso viene esaltata la compresenza di un elemento di fortissima genuinità e naturalità, che rappresenta l’elemento trentino nell’immaginario comune da commedia all’italiana, a cui si coniuga un elemento di eversione, una provocazione tuttavia metabolizzata all’interno della memoria: il gruppo interpreta cover di grandi gruppi rock del passato, modelli che tutto il pubblico conosce.
Il reality può diventare un momento di informazione e formazione dello spettatore?
La grande utopia del Grande fratello come laboratorio sociale è totalmente disattesa: la presenza di personaggi che richiamano problemi sociali è un semplice investimento emozionale, spesso particolarmente basso, nei confronti del pubblico, un momento melodrammatico dal punto di vista drammaturgico e narrativo.
Diverso il modello del Talent Show, che, esibendo competenze, mette in scena un interesse diverso.
Tra tutti X Factor lavora di più sull’aspetto propriamente musicale. La soluzione perfetta e funzionale del battibecco tra i tre giudici è un meccanismo di costruzione del ‘gioco’, che consente di introdurre poi altri discorsi.
Dopo anni di Reality non ha senso chiedersi se ciò che si vede sia vero o falso: il grado di consapevolezza raggiunto dai partecipanti alza infatti di per se stesso il livello di finzione, secondo un copione naturale.