Un’epifania “global”
di Cecilia Salizzoni
The Millionaire è stato indiscutibilmente “il film di Natale”, per la storia che racconta e per la risposta del pubblico che, a Trento, ha permesso al film di restare in sala da inizio dicembre fino all’epifania. È anche un candidato ideale all’Oscar per il miglior film straniero e nel frattempo si porta a casa i premi di vari festival.
Quello che non è chiaro è cosa abbia indotto il regista di un film provocatorio e sgradevole come Trainspotting, a lasciare il degrado britannico per immergersi nei ghetti di Mumbai sulle tracce di un romanzo indiano dal titolo Le 12 domande. Non è chiaro se Danny Boyle aderisca a ciò che racconta (la storia è quella del giovane “intoccabile” Jamal che dopo aver sperimentato il peggio che la vita possa offrire anche nell’India del “miracolo tecnologico”, a 18 anni riesce a riscattarsi con l’amata compagna d’infanzia e di sventure, grazie al quiz televisivo Chi vuol essere milionario?) oppure, invece, se giochi a fare cinema in stile “Bollywood”. L’icona del film è la scena del piccolo protagonista che si tuffa nella latrina pur di raggiungere una star del cinema indiano, per farsi rilasciare l’autografo. E puro Bollywood è il balletto alla Victoria Station dei titoli di coda.
«Un perfetto esempio di cinema global» lo ha definito Roberto Nepoti su La Repubblica. Se le peripezie del piccolo Jamal nell’abietta “corte dei miracoli” asiatica, catturano l’emozione dello spettatore e dimostrano la perfetta trasferibilità culturale e l’attualità del romanzo ottocentesco, ciò che coglie impreparato lo spettatore è l’altro aspetto della globalizzazione su cui è costruita la narrazione: il fenomeno dei “format televisivi”.
Non ignoriamo che buona parte della televisione che vediamo è acquistata all’estero, già confezionata oppure nella struttura di un programma; ma un conto è saperlo in astratto, un conto è vedere concretamente che in un paese lontanissimo da noi per cultura e condizioni di vita oltre che per geografia, il quiz che va in onda in tv è lo stesso che vediamo sui nostri schermi; uguale in tutto, impianto di gioco, scenografia, luci, musiche, formule di gioco. Tutto preciso, salvo le domande e il conduttore.
In questa “manifestazione” della globalizzazione sta l’interesse maggiore del film di Danny Boyle e nelle questioni che essa suscita.
La prima attiene alla struttura del romanzo e riguarda la trasformazione della figura di “salvezza”, con la Provvidenza – per tenerci alle categorie manzoniane – sostituita dallo “showbusinness” e dai suoi sacerdoti che sembrano una cosa e sono tutt’altro (paradigmatica la scena in cui il conduttore del quiz si confronta fuori onda con Jamal e cerca di indurlo all’errore, facendogli credere di volerlo aiutare).
La seconda riguarda l’omologazione del “format” che fa sì che in tutto il mondo uno spettacolo vada in scena, e quindi in onda, in quelle date forme e non in altre.
Ci troviamo, cioè, di fronte a delle “liturgie” che si celebrano quotidianamente in tutta l’ecumene; che raccolgono folle di spettatori, che, giorno dopo giorno, diventano comunità virtuali. Un fatto, questa dell’aggregazione sociale per gruppi di interesse, che siamo portati ad abbinare più a internet che ai mass-media, ma l’aspetto rituale legato ad una codificazione “chiusa” del rito, così come ad un orario fisso e alla presenza di persone che si raccolgono insieme in un dato momento dentro uno stesso spazio, si realizza più propriamente attraverso il medium televisivo, che nei nuovi media.
Che cosa si celebra in quel rito? un gioco, che però tocca bisogni più profondi della persona. Anche in questo la storia di Jamal è esemplare: lui non è certo lì per bisogno di intrattenimento e neanche per soldi. Non che non abbia bisogno anche di quelli, ma il suo bisogno è più radicale: è la vita stessa, è l’amore della sua vita, è la libertà di vivere in pienezza.
È un discorso che chiede di essere approfondito, ma quello che Boyle ha messo in scena, e quello che va in onda quotidianamente sugli schermi mondiali, ha a che vedere con il sacro e la sua sostituzione.