Il sogno di Enrico Mattei
Un uomo che guardava al futuro
Un uomo che si è fatto da solo. Così, almeno fino a un certo punto della sua vita, fu Enrico Mattei. Da operaio quindicenne a fondatore di una propria industria; dalla partecipazione alla Resistenza a deputato DC, commissario dell’Agip e infine presidente del nuovo ente di Stato, ENI (1953), fino alla morte a 56 anni in un incidente aereo (1962). La fiction biografica, Enrico Mattei. Un uomo che guardava al futuro trasmessa da Raiuno, si apre e chiude con l’immagine dell’esplosione in cielo, emblema nella memoria collettiva di un enigma e della fine di un’utopia, quella dell’Italia protagonista senza intermediari della propria politica energetica. Sul caso, allora archiviato come incidente casuale, l’inchiesta del p.m. di Pavia, Vincenzo Calia (1994-2003), accertò il sabotaggio senza individuare i responsabili. Com’è noto, i sospetti ricadono da sempre sulle grandi compagnie petrolifere mondiali, sull’OAS per il sostegno dato da Mattei al Fronte di Liberazione Algerino, cui si aggiunsero quelli sulla mafia e su alcuni collaboratori del presidente dell’ENI. Sono ipotesi che il filmtv lascia intravedere, attenendosi con apprezzabile aderenza ai fatti.
Una volontà di denuncia aveva improntato il film-inchiesta di Francesco Rosi, Il caso Mattei (1972), grazie ai documenti considerati e all’interpretazione drammatica di Gian Maria Volonté, mentre nella versione tv di Giorgio Capitani prevale l’esigenza di riconoscersi nel passato con un certo distacco. Sul piano di una potenziale ri-creazione artistica, in Mattei ricorrerebbero i requisiti e le peripezie dell’eroe epico-tragico: gli ostacoli superati con determinazione ed astuzia, gli avversari palesi e occulti, le doti persuasive, la solitudine, l’angoscia e la morte, che lo eleva a vittima sacrificale di un grande disegno. Per gli Americani, è l’uomo italiano più potente dai tempi di Giulio Cesare e per la sua spregiudicatezza è chiamato “il corsaro nero del petrolio”. Se Volonté ne aveva forzato il carattere pragmatico e riservato con un appariscente protagonismo, Massimo Ghini lo appiattisce con i suoi modi semplici e bonari. Del resto, del dinamismo e dell’imprevedibilità del protagonista, la fiction mostra alcuni momenti, affidando la maggior parte delle informazioni ai colloqui, per dare spazio alla vita privata e suscitare simpatia e commozione nel pubblico. Ma, come tutti gli eroi del mito, anche Mattei è sottoposto a condanna morale per le sue trasgressioni (finanziamenti a tutti i partiti, sovvertimento delle regole sui rapporti fra Stato e Partecipazioni Statali). Pur costruita su un sistema di equilibri e cautele, la fiction in questo non è reticente; non mostra il protagonista in azione, ma sceglie di metterlo di fronte alle proprie responsabilità attraverso l’accorato, affettuoso rimprovero dell’amico Marcello Boldrini, assunto anche come portavoce del giudizio degli autori e, forse, della storia.