San Pietroburgo, 1866, pochi giorni dopo l’attentato a un principe della cerchia imperiale. Delitto e Castigo è da poco stato pubblicato, ma i debiti impongono a Fëdor Michailovic Dostoevskij (Miki Manojlovic) di consegnare un nuovo manoscritto all’editore o perderà per sempre i diritti d’autore sulle proprie opere. Dostoevskij cerca una stenografa per velocizzare il lavoro e al suo appello risponde la dolce Anna Snitkina (Carolina Crescentini), destinata a diventare sua moglie. Purtroppo oltre alla stesura del romanzo (Il giocatore) e alla salute malandata, altre terribili preoccupazioni attanagliano l’animo dello scrittore. Un rivoluzionario pentito, Gusiev (Filippo Timi), che si finge pazzo per sfuggire alle ritorsioni dei suoi compagni, gli rivela l’esistenza di un nuovo attentato: solo lui può persuadere i ribelli a non agire in quanto suoi fedeli lettori. Dostoevskij si trova lacerato tra gli incubi del passato (gli anni in Siberia) e il peso dell’influenza psicologica che le sue opere hanno sui giovani russi. Infatti, se in esse Gusiev ha trovato la misericordia e la carità, Alexandra (Anita Caprioli), leader dei rivoluzionari, si ispira alle stesse per colpire’
Ci voleva un personaggio della caratura di Dostoevskij per riportare alla regia cinematografica Giuliano Montaldo (un film su tutti per ricordarlo: Sacco e Vanzetti), dopo quasi vent’anni di assenza. I demoni di San Pietroburgo si propone come mediazione tra le pagine del grande scrittore e la pellicola, ma è proprio in quest’intenzione il suo punto debole. Il rapporto tra cinema e alta letteratura difficilmente ha dato risultati felici, proprio a causa delle diversità di linguaggio. Un libro, al di là della qualità della scrittura, non deve rispondere ad altra logica che a quella dell’autore. In un film, invece, è necessario seguire dei ritmi precisi, elidendo l’interiorizzazione psicologica in favore della caratterizzazione visiva e, soprattutto, strutturando un soggetto perfettamente articolato. Quello che in un libro funziona come atmosfera di contorno al cinema diventa dispersione, a meno che non possa essere ricondotta a un ambito visivo. Questo spiega come, dal punto di vista filmico, Dostoevskij sia stato quasi sempre una scogliera contro cui si sono infranti anche i registi meglio intenzionati. Per portare i suoi romanzi sullo schermo bisogna necessariamente ‘tradirli’ o semplificandoli a livelli elementari o reinterpretandoli in una nuova chiave, come fece Visconti con Rocco e i suoi fratelli (liberamente ispirato a L’idiota, ma assai più emozionante del filologicamente corretto Le notti bianche).
Proprio a causa della sua intenzione a seguire un andamento marcatamente letterario, che non lesina macchinosità e sequenze slegate dalla vicenda principale, I demoni di San Pietroburgo può essere pienamente apprezzato dai soli estimatori di Dostoevskij.