di Angela Bosetto
Ci sono film il cui messaggio può essere riassunto in una sola frase. Ed è il caso di Defiance-I giorni del coraggio («La nostra vendetta sarà vivere») e di Operazione Valchiria («Dobbiamo dimostrare al mondo che non eravamo tutti come lui»). Il filo conduttore della vita individuale, alla quale ci si attacca o si rinuncia per dare speranza ad altre persone, lega queste pellicole quasi complementari. Difatti raccontano due vicende riguardanti una minoranza di persone che durante la Seconda Guerra Mondiale si contrapposero alla corrente che dominava il loro schieramento, sia che si trattasse di sfiduciata rassegnazione o di irrazionale crudeltà.
Esposte le intenzioni, è il caso di esaminare accuratamente gli strumenti utilizzati per le rispettive messe in scena.
Edward Zwick lo abbiamo imparato a conoscere con L’ultimo samurai e Blood Diamond, pellicole che si innestavano su un avvenimento storico (la caduta dello shogunato giapponese) o civile (le guerre africane contemporanee), supportate da un ottimo cast, per sviluppare una storia “privata”, amicizia virile o amore che sia, tesa a far breccia nel cuore del pubblico e chiudere in bellezza con uno scontro finale da action movie. In Defiance prosegue diritto per questa strada, cesellando addosso ad ogni attore il suo ruolo (su tutti spicca il Tuvia di Daniel Craig) e contestualizzando la vicenda all’inizio per poi concentrarsi sulle dinamiche sentimentali che legano i vari personaggi e arrivare ai “fuochi d’artificio”. È lo “Zwick-style” che può piacere come no. Per approfondire invece l’incredibile storia dei fratelli Bielski è consigliabile leggere il libro della sociologa Nechama Tec Gli ebrei che sfidarono Hitler, edito da Sperling&Kupfer.
Di tutt’altro stampo è il lavoro di Bryan Singer. Un regista celebre per la caratterizzazione sino all’ossessivo dei suoi personaggi che ha deciso di rendere i caratteri di Operazione Valchiria semplici pedine sulla scacchiera della Storia. Non conta il loro passato o le motivazioni che li hanno condotti a quella decisione (si dà per scontato che lo spettatore sappia già tutto), ciò che importa è catturare la tensione di un momento che poteva rivelarsi cruciale per il mondo intero. Gli attori si prestano coraggiosamente all’annullamento ed è forse l’eccessiva popolarità di Tom Cruise ad aver giocato a sfavore in quanto la sua somiglianza fisica con il vero Stauffenberg è notevole. Singer orchestra la vicenda alla maniera di un’opera lirica il cui finale è universalmente noto ma che deve comunque trascinare grazie a una magistrale messa in scena. Le inquadrature dalla geometria impeccabile, spesso composte dall’alto come a voler porre il pubblico su un palco teatrale, e il montaggio in crescendo fanno di Operazione Valchiria un film che ci rende volutamente consapevoli del nostro ruolo di spettatori impossibilitati ad intervenire.