L’uomo che gelò Nixon
di Angela Bosetto
America, 1977, tre anni dopo lo scandalo Watergate. In una casa privata che funge da set televisivo, i motori delle telecamere sono stati accesi e il conto alla rovescia è iniziato. Nei quindici secondi che precedono l’inizio della registrazione due uomini si fissano in silenzio, in attesa del segnale del regista, che darà il via al loro duello verbale. Il primo è l’ex-presidente Richard Nixon, il secondo è il conduttore David Frost. L’obiettivo di entrambi è conquistare una nuova credibilità mediatica e pertanto vogliono vincere.
Dopo quasi quattrocento repliche tra Londra e Broadway, la pièce teatrale di Peter Morgan (lo sceneggiatore di The Queen) Frost/Nixon arriva al cinema con la regia di Ron Howard, che si è evidentemente preso una pausa intimista prima di cimentarsi col prequel de Il Codice Da Vinci. Va segnalato, tra i nomi dei registi interessati al progetto, quello di George Clooney già autore di due film sul potere della televisione, in negativo (Confessioni di una mente pericolosa) o in positivo (Good Night and Good Luck). Far dialogare il cinema con la tv o con il teatro non è certo una novità, ma Howard è forse il primo a fondere queste tre forme di comunicazione in modo omogeneo in un’unica opera, con la seguente formula: sceneggiatura teatrale, inquadrature televisive, ritmo direttivo cinematografico.
La scelta degli attori avrebbe potuto rivelarsi difficoltosa, ma il problema è stato risolto nel modo più diplomatico possibile. Dal momento che una squadra vincente non si cambia, i protagonisti sono gli stessi del palcoscenico: Frank Langella (candidato all’Oscar per il ruolo di Nixon) e Michael Sheen, interprete ideale dei copioni di Morgan (in The Queen era Tony Blair).
Per rinfrescarsi la memoria sulle colpe di Nixon bisogna recuperare lo storico film di Alan J. Pakula Tutti gli uomini del presidente (1976) incentrato su Woodward e Bernstein, la coppia di reporter del Washington Post che portò alla luce il Watergate.
Terminata la visione, ci siamo fatti un’idea più chiara dei fatti ma resta un’ulteriore domanda: chi era David Frost e perché si è interessato a Nixon al punto di sborsare una cifra esorbitante pur di poterlo intervistare?
La risposta è più semplice di quanto si immagini: un anchorman televisivo affamato di audience. Il discorso di dimissione di Nixon è stato il programma più seguito a livello mondiale nel 1974 e Frost vuole replicarne il successo per emanciparsi dalla definizione “conduttore di talk show”. La sua carta vincente non è tanto la cultura politica quanto la padronanza del mezzo. I suoi collaboratori, che invece intraprendono la missione come una crociata per difendere libertà e costituzione, dicono di lui: “Noi conoscevamo Nixon, Frost conosceva la tv.”
Frost/Nixon mostra come impegno civile e intrattenimento mediatico possano essere uniti in un elegante compromesso, oggi troppo spesso ignorato.