Sospeso alle emozioni
di Laura Grimoldi
Come si fa a rielaborare il passato pesante e assassino dei propri padri? Come fa la nuova Germania ad amare i propri genitori, se questi si sono macchiati le mani di sangue? L’etica, la giustizia, i processi a volte non sono sufficienti per cancellare la colpa, così cinema e letteratura vengono in aiuto come fossero terapie psicanalitiche.
Ad Auschwitz, durante un trasferimento di prigioniere, muoiono in un incendio trecento ebree, le colpevoli sono cinque sorveglianti delle SS che “hanno ubbidito agli ordini”.
The Reader – A voce alta di Sthephen Daldry, parte più o meno da questo fatto di cronaca, ispirandosi a un romanzo tedesco di Bernhard Schlink.
Peccato che l’operazione risulti essere una trasposizione americana di un libro tedesco, e come si sa Hollywood è tanto brava a manipolare le emozioni quanto a semplificarne e schematizzarne i contenuti. Cosicché tutta la dialettica tra passato e presente, tra la nuova Germania e quella vecchia, tutto lo scontro generazionale viene reso emotivamente molto attraente e coinvolgente, ma assai superficiale.
Il film però funziona bene, è piaciuto all’Academy tant’è che Kate Winslet ha vinto l’Oscar per la miglior interpretazione. Ha vinto proprio interpretando una di quelle aguzzine che mandarono a morire trecento persone. Una malvagia assassina, ma umanizzata: solo Hollywood riesce a farlo.
Hanna Schmitz è una donna sola e dagli strani modi che fa innamorare il giovane Michael, un ragazzo di quindici anni che con lei vive l’amore vero. I due si conoscono nel 1958 e vivono questa intensa storia d’amore: lui, tra le gioie del sesso, le legge romanzi in continuazione. La loro storia dura un’estate, poi Hanna sparisce. Nel 1966 Michael, giovane studente di legge, incontrerà di nuovo Hanna al tavolo degli imputati: è una delle cinque sorveglianti. Michael capisce tutto: perché Hanna amava farsi leggere i libri da lui, come dalle prigioniere prima di mandarle a morire. Hanna è analfabeta. E pur di non rivelarlo, cosa che la scagionerebbe, si farà condannare a vita. Anche Michael tace il suo segreto, quindi la condannerà di fronte alla società, anche se in cuor suo non smetterà di amarla.
E così in questo coinvolgente andirivieni di passato e presente, che Daldry è molto bravo a calibrare, troviamo il Michael adulto, un Ralph Fiennes completamente intontito che non si dà pace, ancora influenzato da questa donna.
Lo schema è facilmente individuabile: Hanna è la la vecchia Germania nazista, malata e analfabeta, che schiaccia la cultura perché ne sente il fascino e ne ha paura; Michael è la nuova Germania che è stata schiacciata dal passato ma cerca di ritrovare una propria nuova identità e di fare giustizia.
Insomma, temi di discussione il film ne mette in campo. Rimane però il fatto che sul racconto emozionalmente coinvolgente di questo amore sbagliato ma puro, cade frequentemente il peso di una superficialità quasi ridicola.