State of Play

Lo stato fragile della verità

 di Angela Bosetto

 

Washington. La polizia accorre su due scene del crimine apparentemente scollegate: da una parte un ladruncolo e un fattorino delle pizze freddati con arma da fuoco, dall’altra la giovane assistente (nonché amante) del politico Stephen Collins, finita “accidentalmente” sotto la metropolitana.

Il Washington Globe, diretto con piglio di ferro da Cameron Lynne (Helen Mirren, che si trova sempre a proprio agio in ruoli di comando), ha il dovere di informare i cittadini su entrambi i casi. Alla sparatoria si interessa Cal McAffrey (Russell Crowe), cronista vecchio stampo, che gira ancora armato di taccuino per cercare la pista giusta e rimane fermo alla scrivania giusto il tempo di scrivere il pezzo. Lo scandalo politico-sessuale viene assegnato a Della Frye (Rachel McAdams), promettente giornalista alle prime armi e curatrice del blog del giornale, ben decisa a sfruttare l’opportunità per mostrare il proprio valore.

Quando gli omicidi risulteranno collegati, i due dovranno unire le forze e le diverse abilità per giungere alla soluzione del caso, in nome del diritto dei lettori a conoscere la verità. Al centro della torbida vicenda, fatta di potere e tangenti, campeggia la figura di Collins (Ben Affleck). Cal, suo amico sin dai tempi del college, lo considera vittima innocente delle circostanze, mentre Della vuole incastrarlo, certa che dietro l’aria per bene si nasconda tutt’altro.

Il regista Kevin Macdonald (L’ultimo re di Scozia) trae la sua seconda pellicola dall’omonimo serial targato BBC, ne cambia l’ambientazione (Washington al posto di Londra) e ne attenua la componente politica in favore dell’ambito giornalistico. Difatti la sfumatura thriller è la glassa superficiale, utile a vendere il prodotto e a presentarlo come appetibile per un pubblico più vasto, nemmeno così fondamentale ai fini della narrazione, in quanto lo spettatore patito di gialli indovina quasi tutto in anticipo.

Il vero cuore di State of Play è il mestiere di giornalista, inteso come missione, e il diverso modo in cui viene svolto dai due protagonisti, che superficialmente sembrano detestarsi, ma in realtà si stimano.

Se il personaggio di Cal rientra più nei canoni tradizionali “genio e sregolatezza”(per fare un esempio recente, il Paul Avery di Robert Downey Jr. in Zodiac), quello di Della rompe gli schemi attuali. Non è la compagna dell’eroe, il cui scopo è mostrare che alla fine anche lui ha un cuore e farlo innamorare (come il 90% dei ruoli principali femminili), ma una preziosa collega e, in futuro (perché no?), amica. Dimostra di avere la stoffa e la grinta per essere considerata una giornalista a tutti gli effetti, anche da chi la snobba perché sinora ha scritto solo sul web.

 


 

Gioco di media

La miniserie State of Play, composta da sei puntate e creata da Paul Abbott, è andata in onda per la prima volta in Inghilterra sulla BBC nel 2003. Uno dei motivi che hanno spinto il regista Mcdonald ad accettare di dirigere l’omonimo lungometraggio è stato proprio il cambiamento vertiginoso compiuto dai media in questi sei anni. La domanda che si può leggere tra le righe è: le nuove tecnologie d’informazione, blog e social-network, mettono in pericolo il futuro della carta stampata (dualismo incarnato dai personaggi di Della e Cal)? Grazie a internet si possono reperire miriadi di informazioni in pochissimo tempo, ma la possibilità di aggiornare continuamente le pagine web porta gli autori a privilegiare il tempismo della notizia al vaglio sicuro delle fonti. Per contro la carta stampata ha delle garanzie legate al principio di autorialità, in quanto una correzione sulla prima pagina equivale a pubblica smentita, ma anche tempi più lenti nella fruizione da parte dei lettori.

Il film opta per risolvere la questione solo a livello narrativo e (anche per esigenze drammatiche)con un compromesso: il pezzo rivelatore viene pubblicato sulla carta, ma è stato ottenuto grazie agli sforzi congiunti di entrambi i protagonisti quindi avrà doppia firma.

Il nodo irrisolto resta quello della fragile ricerca della verità schiacciata tra media e potere.